1905-2005: La Vedova Allegra compie 100 anni. Nel 1905 alla sera della Prima al Theater an der Wien i motivi entrano subito nell’orecchio della gente e tutti i numeri devono venire ripetuti. Anche la stampa è favorevole e persino sul severo “Neue Wiener Tagblatt”, Karpath trova parole entusiastiche, definendo la musica della Vedova Allegra: “piacevole e ricca di spirito”. Karpath riconosce pure il valore della produzione e degli interpreti, tra i quali Mizzi Gunther – la principale diva dell’operetta di quell’epoca – e Loris Treumann (Danilo), pronostica un lungo successo al lavoro, raccomandandolo ad Artur Nikisch, allora direttore a Lipsia.
Nessuno ancora sapeva che si era passati ad un genere operettistico completamente nuovo, e che la Vedova sarebbe diventata un trionfo in tutto il mondo, la “consacrazione” viene un po’ più tardi, quando Max Monti porta questa operetta con il suo ensemble, da Amburgo a Berlino, nel maggio 1906: “Chi dava per morta l’operetta” - scrisse la critica – “ieri sera ha dovuto ricredersi, essa vive e vivrà a lungo”. Ed aveva ragione: oggi noi siamo qui per festeggiarne i cent’anni di successi.
Questa è infatti l’edizione italiana che nasce per festeggiare il centenario. Nasce in esclusiva per l’Italia, la nostra compagnia sarà l’unica a poterla rappresentare in accordo con la Casa Editrice Suvini Zerboni e nasce come nuova importante produzione. Una caratteristica che ha sempre contraddistinto le nostre operette è stata quella di allestire ogni anno spettacoli nuovi e non sono nel titolo, ma nella sostanza: nuovi costumi, nuove scene, nuove coreografie, nuova regia.
E questa Vedova vuol essere il più fedele possibile a quella serenità a cui Lehár pensava cento anni fa. Grande rispetto dunque per un capolavoro assoluto ma allo stesso tempo divertimento, entusiasmo e freschezza e quel certo non-so-che che anche Lehár vedeva indispensabile. Diceva lui stesso che per fare una buona operetta: “bisogna essere molto esperti, dedicarsi al genere, avere conoscenza dell’opera dietro a sé, e tutto questo ancora non basta se non si ha quell’innato non-so-che, quella predisposizione di pochi all’operetta”. Gioia e rigore sono dunque i due cardini su cui gioca quest’edizione. Buon divertimento. (Corrado Abbati)
All’ambasciata del Pontevedro a Parigi, c’è grande fermento.
Sta arrivando la Signora Anna Glavari, giovane vedova del ricchissimo banchiere di corte. L’ambasciatore, il Barone Zeta, ha ricevuto l’incarico di trovare un marito pontevedrino alla vedova e questo per conservare i milioni di dote della signora, in patria. Infatti se la signora Glavari passasse a seconde nozze con un francese, il suo capitale lascerebbe la Banca Nazionale Pontevedrina e per il Pontevedro sarebbe la rovina economica.
Njegus, cancelliere dell’ambasciata, è un po’ troppo pasticcione per una simile impresa ma c’è il conte Danilo che potrebbe andare benissimo. Njegus e Zeta tentano di convincerlo ma lui non ne vuole sapere. Tra Danilo e Anna c’era stata una storia d’amore finita male a causa della famiglia di Danilo. Da parte sua la vedova, pur amando Danilo, non lo vuole dimostrare e fa di tutto per farlo ingelosire. Frattanto si snoda un’altra storia d’amore che vede protagonisti Valencienne, giovane mogliettina di Zeta, e Camillo de Rossillon, un diplomatico francese che la corteggia con assiduità. I due si danno convegno in un chiosco. Li sta per sorprendere il barone Zeta quando Njegus riesce a fare uscire per tempo Valencienne ed a sostituirla con Anna.
La vedova sorpresa con Camillo! Tutti sono sconvolti, Danilo furioso abbandona la festa. Tutto ormai sembra compromesso ma Njegus, vero Deus ex-machina, riesce a sciogliere gli equivoci e a far confessare ad Anna e Danilo il loro reciproco amore. La patria è salva. D’ora in poi la signora Glavari non sarà più “La vedova allegra” ma la felice consorte del conte Danilo Danilowitch.